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10 Marzo 2005

Fumolescenti

L’aria che c’è adesso, in questi giorni, mi ricorda quando ho cominciato a fumare. Io l’odore della primavera che spinge per arrivare in tempo lo abbino anche alle Marlboro rosse. Beh già che bisognava cominciare, meglio cominciare alla grande. Avrò avuto circa 14 anni. Ricordo di non aver fatto fatica, tutti i conati e lo star male di cui sentivo spesso raccontare non mi avevano neanche sfiorato, solo un po’ di fatica a respirare, dovuta probabilmente a una bronchite asmatica che avevo avuto pochi mesi prima.
Brutta, la bronchite asmatica: ogni volta che provavo a riprender fiato dopo un attacco di tosse sembravo un asino a cui strizzano le palle, che io non le ho mai strizzate le palle a un asino, ma secondo me fa quei versi lì. “Forse rimarrà un po’ d’asma” mi disse il dottore: e io ho cominciato a fumare. Un genio. Ma no, è solo che a quell’eta cammini con l’incoscienza che ti sta leggera come un paio di pantofole nuove, e se hai un po’ di fortuna non ti succede niente.
Eravamo un bel gruppetto, quelli che avevan cominciato a fumare tutti insieme, i più bulli buttavan giù l’aria e il fumo e lo ributtavan fuori leggero, che si vedeva che era passato dai polmoni. Magari un po’ lo si faceva uscire dal naso, che era bello coreografico.

C’era Marietto, invece, che proprio non ce la faceva. Avrebbe voluto tanto, ma proprio tanto buttarlo giù, ma era più forte di lui: ributtava fuori un fumo denso che lo capivi lontano un chilometro che non li aveva visti neanche in lontananza i polmoni, quel fumo. A volte lo buttava fuori dal naso, per dare l’impressione di averlo respirato, ma gli venivan due occhi da cipollaro rossi e lucidi che era anche peggio. E noi teste di cazzo a sbuffargli il fumo in faccia e a prenderlo in giro, come se non lo facessimo già abbastanza per mille altri motivi, anche per il fumo dovevamo sfotterlo. Sì perchè nelle compagnie di quattordicenni c’è sempre uno che prendi di mezzo e sfotti, con la grazia e la pietà di un boja, tipiche di quell’età. Era anche fisicamente predisposto a esser tirato in mezzo: era il più grassottello, il più impacciato, tartagliava un pochino e la voce sottile da bambino non si decideva a cambiare. Ad aggravare il tutto c’erano i suoi continui tentativi di atteggiarsi a bullo, che con tutte le qualità elencate prima lo rendevano tanto ridicolo. Tutti questi fattori poi, lo portavano a fare delle cazzate immani, immagino per assecondarsi la benevolenza del resto del gruppo ma che diventavano solo motivo di ulteriori sfottò. Infine, aveva anche addosso una sfortuna non indifferente: per fare un esempio, l’unica, ma proprio l’unica, volta che l’ho sentito bestemmiare non si era accorto di avere il prete alle sue spalle.
Quando mi capita di incontrarlo mi vien voglia di prenderlo da parte che vorrei chiedergli scusa per tutto quello che gli abbiam fatto, per come l’abbiam fatto diventare che inevitabilmente è cresciuto complessato, e son convinto che la colpa è in buona parte nostra, che l’umiliazione quotidiana non gliela toglieva nessuno.
Invece va a finire che, in un modo o nell’altro, lo sfotto ancora. C’è poco da fare, le vecchie abitudini sono le più difficili da mandar via. E infatti fumo ancora. Marietto, la vuoi na sigaretta?