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25 Febbraio 2005

Ferro 3

Ferro 3Ieri sera sono andato al cinema. Sono andato con un’amica che so che le piacciono film un po’ diciamo non da Warner Village, solo che non so perchè, la testa fra le nuvole o chissà cos’altro, non le ho chiesto che film era. Soltanto mentre camminavamo mi viene da chiederglielo, e lei mi risponde con un poco rassicurante vedrai. Brivido lungo la schiena. Arriviamo davanti al cinema, che è un cinema piccolo dove ogni tanto fan delle rassegne particolari, e il manifesto recita “Ferro 3” di Kim Ki-Duk, regista coreano. Le dico che io però Ferro 1 e Ferro 2 non li ho mica visti, lei mi spiega con immensa pazienza che il titolo è riferito a un tipo di mazza da golf. Ah. Entriamo vah.
In ansia per lo spettacolo che temevo di vedere, un po’ come chi non può mangiare pensa a cibi buonissimi, rimembro i miei miti di gioventù, i cazzottoni in testa di Bud Spencer, la musichetta di Febbre da cavallo, la scollatura della Fenech, e mi consolo pensando che almeno sulla locandina non c’era scritto “segue dibattito”. Già, però potevano scriverci “precede presentazione”.

Un signore, il presidente di non so quale cineclub, in piedi davanti allo schermo parla un po’ del film senza anticipare nulla, dice che ha vinto il Leone d’Argento a Venezia e poi presenta i prossimi appuntamenti, facendo nomi di registi che non ho mai sentito. Che però, solo io non ho mai sentito, che tutto il cinema a ogni nome si lascia andare ad ampi cenni di consenso con la testa, borbottii di entusiamo, uno addirittura batte le mani. Alè, facciamo un trenino. Chiaramente, s’era capito fin da subito, la tiene troppo lunga e mi spazientisco, minaccio l’amica di smetterla di fare anche lei quella che riconosce la gente di cui parla il tipo, poi mi adeguo e comincio a fare come gli altri. “Ah cavoli, proprio lui? Incredibile! Ma quello vero o ci mandano uno finto?”. Intasco uno “smettila di fare l’idiota” e mi zittisco. Oh comunque il cinema è strapieno, va bene che è piccolino, ma il cinepresidente ci spiega che c’è gente che è dovuta rimanere fuori. E io ho un posto! Che culo.
Poi comincia il film, e quando parto scettico sono un gran tritamaroni. Dopo due scene noto un raccordo sbagliato: il tipo scende dalla moto e appoggia il casco sul sedile, cambia l’inquadratura e sul sedile non c’è nessun casco, torna l’inquadratura e lui prende il casco dal sedile e parte. “Cominciamo bene” dico alla mia amica che s’era a sua volta accorta dell’errore.
In tutto questo, il tipo alla mia sinistra si mette a tossire e a tirar su col naso con movimenti di muco e catarro che mi ci vuole un Travelgum per arrivare in fondo al film, quello dietro di me ha la risata più fastidiosa del mondo: per ridere emette suoni gutturali senza aprire la bocca ma espirando fortissimo dal naso, che spero sia pulito visto che sta proprio dietro di me; prego Dio che il moccicoso di fianco non infetti l’espiratore dietro, altrimenti è un casino. “Andiam sempre meglio” faccio notare.
Poi però, mi metto tranquillo e comincio a seguire il film.
Mi lascio prendere e accarezzare dalla storia, dal mutismo del protagonista, dai gesti delicati e, lo ammetto, cavoli, che bel film. Non sono in grado di spiegare meglio la bella sensazione che mi ha lasciato. E penso che forse sono fortunato, a non sapere nulla di cinema, che i bei film così riesco a godermeli senza gli schemi o le strutture mentali di chi è esperto: è come bere un vino e capire che è buonissimo anche senza sapere di tannini e di corposità e di profumi di frutti di bosco. Hai solo le sensazioni.