« - Home Page - »

01 Marzo 2005

Traumi infantili

Traumi infantiliPensavo ai bambini, quelli piccoli, leggendo phoebe. Mi piacciono eh, non ho niente contro di loro, ma un po’ mi inquietano. Non ho parenti stretti con figli piccoli, o meglio, ce li ho ma non sono in grandi rapporti con loro, tipo che ci si vede a natale quando va bene, e quindi l’universo bambino piccolo è un mondo piuttosto sconosciuto, ma non credo sia dovuta solo a questo la mia inquietudine.
Quando facevo l’obiettore ho avuto a che fare con piccoli esseri umani di pochi, pochissimi anni, nel paio di mesi in cui ero stato messo di servizio, alcune ore al giorno, all’asilo nido. Non che avessi grandi mansioni eh, più che altro ero lì per sistemare lo stanzone dei giochi quando i miniesseri andavano a casa.
Prima che se ne andassero stavo soltanto in un angolo a guardarli barcollare, infilarsi le dita nel naso, mettersi in bocca le cose più strane: per rendermi utile magari avvertivo le maestre quando mi accorgevo dei loro problemi di incontinenza. I modi che avevo per accorgermi che l’avevano fatta o che erano in procinto di farla erano diversi. A volte te ne accorgi dallo sguardo: il cosetto è lì che corre e tutto in una volta si ferma, immobile, l’espressione assorta come davanti a un’apparizione mistica, forse per questo motivo dicono che quella dei bambini è santa. Altre volte te ne accorgi senza guardarli. Altre volte ancora te ne accorgi dalle tracce che lasciano, specie sullo scivolo. Per fortuna che pulire quelle cose non rientrava nelle mie mansioni.

Quando ero lì all’asilo però il problema più grande per me non era la santa cacca dei piccoli innocenti, ma la bidella infojata, che immagino sia un termine dialettale ma rende al meglio i livelli di assatanamento che poteva raggiungere.
Donna ruspante, passati da poco i 40, me la trovavo ovunque senza preavviso: si slacciava sempre il primo bottone del grembiule per farmi vedere la scollatura e ogni volta, se aveva una porta alle sue spalle, la chiudeva con fare del tipo “siamosoliorasonocazzi”. Qualunque discorso facesse finiva a parlare di sesso, inevitabilmente. Una volta, parlando della mia beatà gioventù, non so bene perchè, m’aveva dato anche una pacca sul pacco. Perdio ci sono bambini piccoli qui attorno, un po’ di contegno, e poi queste son molestie sul lavoro, ecco.
Mi faceva un po’ paura, avevo 24 anni e non mi passava neanche per la testa di volerci concludere qualcosa, e ancora più paura mi faceva suo marito quando la veniva a prendere a fine turno, che lei mi salutava languidamente e lui mi guardava malissimo.
Per non parlare di quella sera che l’ho incontrata a una sagra, e c’era l’orchestrina del liscio e mi ha stiracchiato per fare un giro di ballo: mi stringeva forte per farmi sentire le tette, e il marito a bordo pista che guardava, e io che sudavo freddo e pregavo che ci fosse un cortocircuito, un malore del cantante, un attentato, insomma qualsiasi cosa purchè la piantassero di suonare.
E insomma ecco, secondo me l’inquietudine che mi viene quando mi trovo al cospetto di un infante credo sia indotta da un inconscio timore che salti fuori la bidella e mi prenda a manate sul pacco.