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04 Luglio 2005

Ma vè chi c’è

“Stenditi un po’ lì, và” mi fa mentre tutto gira. Eh mi stendo, mi stendo. Mi macchierò mica la maglia, che è bianca? Ma sì, probabilmente sì ma chissenefregaquestasera. Si siede di fianco a me e mi sorride.
“Va meglio?”. Oddio, meglio son parole grosse, anzi no, forse va un po’ peggio, meglio se mi tiro su che da coricato gira tutto di più. Tipo che giro la testa e il resto del mondo mi segue un attimo dopo. No no, sto su.
“Quindi anche stasera hai tracannato per bene eh?” mi fa accarezzandomi piano. Sì, anzi mi esce più un “scì”, che sto gongolando che ha le mani calde e asciutte, ed è proprio una bella carezza. Và che belle unghie. Se faccio un ruttino se ne avrà a male? Mi sembra così raffinata, però è vestita che mi sembra una zingara. Vabbè che non è che se una è vestita da zingara allora le puoi ruttare in faccia. Meglio se me lo tengo. O magari lo faccio muto mimetizzandolo in un colpo di tosse. Coff burp coff.

“Ma te non eri quello che la birra non gli piaceva?” beh sì, oddio, se c’è dell’altro è meglio, ma se vai a una festa della birra non è che puoi fare quello che no io la birra no e poi qui c’hanno la Menabrea che non è davvero male. E poi non mi piaceva tanti anni fa, te non mi conoscevi neanche tanti anni fa, cioè magari sì ma non t’eri ancora fatta avanti. Continua ad accarezzarmi la testa, ora però sembra compassionevole, glielo vedo in faccia. Ma chi cazzo sei? Una crocerossina gitana? Sai dove puoi mettertela la tua compassione?
“Non mi guardare così sospettoso, non è compassione. Mi piace la tua testa e allora l’accarezzo. Certo se ogni tanto la usassi anche…” eh vabbè, allora stiam qui a farmi la predica mentre mi vien da vomitare, ah è proprio l’ideale, non chiedevo di meglio. Senti ma sei venuta qui da sola? Ti hanno accompagnata? Ma proprio stasera? Vabbè fammi ancora qualche carezza và…
“Allora dai, facciamo due chiacchiere, che magari ti distrai un po’: come va il lavoro?” certa gente ha la facoltà di fare le peggio domande nei peggio momenti. Salto in piedi e lei m’afferra una gamba per tenermi lì, “dove scappi?” e mi fa anche un po’ male, adesso capisco a cosa servono le belle unghie.
“Vabbè parliamo del resto?” oddio mi vien su tutto, senti faccio due passi che mi manca un po’ l’aria. Aspettami qui, le dico, che torno subito. Non mi molla. Sgrano gli occhi e divento Bambi: davvero, due minuti e torno. Mi lascia la gamba e s’accende una sigaretta. Vado verso i bagni ma appena girato l’angolo scarto sulla destra e mi fiondo verso l’uscita. Salto in bici e vado a casa facendo lo slalom tra macchine parcheggiate e fantasmi più ubriachi di me.
E io la mia coscienza, quando vado a quelle feste lì, spero di non incontrarla mai più.

Qui non si sente mai nessuno
Qui c’e bisogno di qualcuno
Qui non si vede mai nessuno qui c’è bisogno del futuro
(Après La Classe)