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08 Settembre 2009

Rifiuti

Baia di ScifoE siam lì seduti su questa spiaggia (dissimula, scrivi come se non fossero passati eoni dall’ultima volta che ti sei fatto vivo…), stesi sui nostri salviettoni (ariparentesi: i salviettoni, a Parma, sono i meglio italianicamente conosciuti teli-mare), buttati che sembriam precipitati dal quinto piano, su questa spiaggia in una caletta incredibile (vedi foto), scogli naturali da sogno, mare così bello che sembra inventato, un angolo di Calabria da mettere nelle pubblicità al posto di Gattuso che gli vogliam bene eh, però ha anche un po’ stracciato i maroni (insomma eravamo qui).

Di fianco a noi (che siamo poi in due, cioè io e la mia morosa) un gruppo di uomini, solo uomini, sui 35, 40 anni, grigliano qualcosa su dei sassi riparandosi sotto una di quelle capanne artigianali come ne trovi tante in queste spiagge: sì vabbè ci arriva un po’ di fumo, ma è sopportabile, e viste le facce che hanno i signori son disposto anche a fingere di respirare vapori termali piuttosto che lamentarmi con loro di qualsiasi cosa. Sarà anche un po’ di autosuggestione eh, ma c’han proprio delle brutte facce. In mezzo a loro c’è anche un signore sui 65 e nel giro di pochi minuti mi son già fatto in testa il film di ogni ruolo di ognuno di loro: il boss è chiaramente l’anziano, ho già individuato chi fa soldi falsi, chi si occupa delle armi e i tre picchiatori, due con la faccia da galera e uno faccia d’angelo ma anche lui grosso come un armadio. Cerco di fissarli meno possibile, non si sa mai.

Sulla spiaggia, attorno a noi, come su buona parte delle spiagge nella costa crotonese c’è una discreta quantità di carte, mozziconi, ah guarda, anche un paio di sacchi della spazzatura pieni, sotto un cespuglio, volevamo farceli mancare?

Ed è proprio mentre guardo e mi rammarico di questa costante che due dei picchiatori, faccia d’angelo e un altro, cominciano a girare per la spiaggia raccogliendo le cartacce. Stupore e visibilio. La gente li guarda ammirati, loro sfilano e si compiacciono della nostra ammirazione, sfoggiando muscoli torniti e lucidi di oli abbronzanti raccolgono sdraio rotte, i sacchetti sotto il cespugli, cartine e cartacce e un po’ alla volta mettono il tutto da parte contro una roccia. Io mi pento di averli giudicati male, di aver pensato male delle loro brutte facce e torno ottimista, penso che la Calabria forse ce la può fare, che un piccolo segno a volte è una gran cosa, vorrei andar da loro e gridare con loro il discorso di Rocky IV in Russia, e loro vanno e tornano e raccolgono ancora. E così via per mezzoretta, fino a creare un bel mucchio di plasticona immondezzosa, messa lì in attesa di finire la giornata di mare, penso, per poi portarla a mano al primo cassonetto disponibile, continuo a pensare.

E invece no, penso male, perchè finita la raccolta faccia d’angelo si avvicina al mucchio di schifo.

E gli dà fuoco.

(Immaginare a questo punto il rumore della puntina che gratta il 33 giri, il mento del personaggio dei cartoni che cade per terra dallo stupore, l’azoto liquido che gela il Terminator 2)

Ci guardiamo, io e la mia morosa, e non facciamo niente. Non facciamo niente perché avevan quelle facce lì, e io non ce l’ho quella faccia lì. Non facciamo niente perché sei moralmente disarmato (oltre che fisicamente), perché loro eran convinti che si fa così, pensavano che bruciare plastica e pattumiera in una spiaggia fosse il metodo di smaltimento migliore, si son pavoneggiati per mezzora di quello che stavano per fare.

Non facciamo niente e restiamo lì, respiriamo una mezzoretta di diossina e ce ne andiamo, con un po’ di rassegnazione in più per quella terra vittima, soprattutto, di sè stessa.