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08 Novembre 2007

Me e il metallo

brutal.jpgIo, un concerto di brutal-core metal, non c’ero mica mai stato. Io, il brutal-core metal, non sapevo neanche che esistesse. Brutal-core, al massimo, mi suona come un’esclamazione in dialetto. Ci son capitato sabato scorso, alle prove di un concerto brutal-core. Il cantante praticamente ruttava parole ma come se dentro ci avesse un compressore. Un rutto a quattro atmosfere, una roba così. Si fa fatica, nel mondo del brutal-core. Forse all’inizio si chiamava ruttal-core, poi l’han cambiato per ragioni di marketing.

C’era un freddo boia, davanti al locale, e un tipo in maniche corte si scalmanava ruttando in playback la canzone che quelli dentro stavano provando. Io con queste robe musicali estremissime c’ho un rapporto di simpatia, però. Nel senso che non le capisco granché, ma mi incuriosiscono, e la gente che incontri in quelle occasioni lì non è la gente che frequento di solito, e io sono uno curioso. Che poi, va detto, questa cosa dell’appassionato di metal che mi fa simpatia ce l’ho sempre avuta.

Una sera, saran state le undici di sera, c’avrò avuto vent’anni, beata innocenza, avevo ancora la Panda Young 750, che Dio l’abbia in gloria, stavo andando non ricordo dove e trovo una tipa a una fermata dell’autobus che fa autostop. Inchiodo e apro la portiera, un po’ perché son curioso e in genere chi fa autostop c’ho il preconcetto che abbia cose da raccontare, un po’ perché uscivo da un periodo di autostoppismo e quindi mi veniva da ricambiare i favori, e soprattutto perché era oggettivamente figa. Sale, si presenta (Katia, o qualcosa del genere) e mi spiega che ha perso l’ultimo autobus e deve andare al lavoro. “Ehi ma di dove sei?” le dico, che sento un’accento strana. Croata. Ma dai! le faccio, e giù con la solita pezza sulle mie origini croate. Intanto mi dà indicazioni sulle strade da prendere, vado verso la periferia e lei mi racconta della sua passione per la musica metal pesante. Mi spaccio per un chitarrista di quelli estremi e allora mi cita tutta una serie di gruppi che le piacciono, e io faccio finta di conoscerli, ma mica li avevo mai sentiti, però val ben la pena mentire, andrà come andrà, se un giorno dovrò dimostrarglielo imparerò. Poi vado in argomento “Ma che lavoro fai?” e lei sta sul vago, mi dice che studia e lavora, e dopo un po’ mi fa fermati pure qui. A un distributore. Ehi ma fai la benzinaia? le dico. No. Ciao. Chiude la portiera, s’accende una sigaretta e si mette sotto un lampione.

Io, secondo me, c’avevo la faccia tipo quelle teste che la gente mette sul ripiano dietro alle auto, quelle con l’espressione più idiota delle terre emerse, che se gli dai una botta va a destra e sinistra molleggiando. Ecco, potevano darmi una botta e la mia testa avrebbe fatto uguale.

Però, secondo me, anche da quella volta lì gli appassionati del metallo pesante hanno cominciato a farmi curiosità, che una la incontri diresti che è una che fa l’Erasmus e invece no.